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San Giovanni, la notte dei compari e delle comari (30)

Sardegna simbolica - Una rubrica dedicata alla spiritualità del popolo sardo

Salto del Fuoco - San Giovanni

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Di Lorella Marietti

I fuochi di San Giovanni in Sardegna sono strettamente legati alla tradizione del comparatico, cioè del diventare compari o comari saltando insieme sopra il falò, tenendosi per mano e stringendo un patto di amicizia eterna.

 

Un rito antico che ancora oggi si rinnova in diversi Comuni della Sardegna, da Alghero a Macomer, da Esterzili a Ozieri, da San Teodoro a Mandas, ma purtroppo è andato perduto in molti altri. Un gesto forte, pubblico, fisico, di fratellanza o sorellanza spirituali, che appare in contrasto con le attuali tendenze sociali, basate su un’identità molto più individualistica e su una natura soprattutto virtuale dei rapporti umani.

 

Spesso frettolosamente bollata come festa di natura pagana, la tradizione del “salto a due” ha in realtà caratteristiche proprie e ben diverse. Per esempio nei Parilia dell’antica Roma, descritti da Ovidio e Plutarco, saltare sopra le fiamme era un atto solitario e lo compiva il pastore per purificare sé stesso dopo aver purificato il suo gregge con i fumi del falò. Allo stesso modo appare debole la somiglianza con la marcia sulle braci ardenti, diffusa nelle isole dell’Oceano indiano, in alcune regioni dell’India, nelle isole Fidji, in Giappone, in Cina e in Nepal.

 

Certamente l’accensione di fuochi rituali appartiene a tutte le culture e le epoche, è una tendenza comune all’umanità. Del resto il fuoco è il fondamento dell’umana società, come sottolinea l’antropologo Ignazio Buttitta nel suo saggio “Il fuoco. Simbolismo e pratiche rituali”, però al tempo stesso occorre dire che vi sono molteplici comportamenti rituali connessi a questo elemento.

 

A questo proposito la tradizione del comparatico nella festa di san Giovanni Battista sembra avere una sua specificità che va oltre i rituali pagani e che riflette proprio i diversi aspetti di questo santo, ricavabili dai vangeli che lo ritraggono.

 

Il primo richiamo al santo è ravvisabile già nella terminologia utilizzata sia in Sardegna che in altre regioni italiane: infatti i termini “compare” e “comare”, che derivano dal tardo latino “compater” e “commater” (con-padre e con-madre), indicano il padrino e la madrina di battesimo (significato tuttora vigente nella tradizione sarda) e Giovanni Battista è proprio colui che battezza sulle rive del Giordano (Mt 3,6).

 

I due appellativi si sono poi estesi ai testimoni del matrimonio – ancora oggi chiamati affettuosamente “compare” e “comare” nella famiglia sarda – e il Battista si autodefinisce proprio «l’amico dello sposo» (Gv 3,29). Verosimilmente è anche per questo che, nella tradizione popolare, giugno è considerato il mese propizio ai matrimoni.

 

Pure la promessa di amicizia eterna del comparatico sembra riecheggiare il “per sempre” del matrimonio, tanto più che gli amici, come gli sposi, incarnano un legame che si crea senza vincoli di sangue. Interessante notare che nella tradizione sarda la promessa di matrimonio e quella di comparatico utilizzano la medesima immagine: la prima era infatti suggellata con l’anello Maninfide raffigurante due mani che si stringono, icona del patto sponsale, così come la fedeltà reciproca tra i compari o tra le comari è sempre stata giurata stringendosi le mani.

 

L’essenza profonda di questo comparatico è espressa da Grazia Deledda nel romanzo “Marianna Sirca, quando Costantino, uno dei protagonisti, vive un momento di tensione con il suo compare Simone e gli dice: «Ricordati che ci siamo giurati fede la notte di San Giovanni; e il compare di San Giovanni, quale io sono per te e tu per me, è più che la sposa, più che l’amante, più che il fratello, più ancora del figlio. Non c’è che il padre e la madre a superarlo».

 

Un altro aspetto emblematico della festa di San Giovanni riguarda la sua data, il 24 giugno, che segue di qualche giorno il solstizio d’estate, cioè il momento dell’anno in cui il sole raggiunge il punto più alto nell’emisfero settentrionale e ci regala il giorno più lungo, circa 15 ore di luce.

 

Un evento astronomico noto da millenni che ha sempre colpito l’immaginario dei popoli pagani, ispirando cerimonie comunitarie e significati simbolici come la vittoria della luce sulle tenebre, la crescita spirituale, l’apice dell’energia vitale, ma anche l’ingresso nei nuovi inizi simboleggiati dalla stagione estiva.

 

In realtà, dopo questo picco solare che oscilla tra il 20 e il 21 giugno, la luce inizia gradualmente a calare e perciò la festa del Battista si colloca già in questa fase discendente, nonostante si tenda un po’ superficialmente a far coincidere questa festa col solstizio d’estate, sostenendo che la tradizione cristiana avrebbe plagiato e rimpiazzato il rituale pagano. Eppure la distinzione tra le due celebrazioni è importante, sia dal punto di vista storico che da quello simbolico.

 

Dal punto di vista storico, la data del 24 giugno trova origine non solo nella tradizione cristiana dei primi secoli, ma ha anche un fondamento negli antichi rotoli giudaici di Qumran rinvenuti tra il 1947 e il 1956 in alcune grotte sulle rive del Mar Morto.

 

Infatti in questi manoscritti è stato ritrovato il calendario solare biblico che ha permesso di ricostruire i turni di servizio dei sacerdoti ebrei e quindi anche il turno di Zaccaria, il padre di Giovanni Battista, che nel Vangelo di Luca riceve la notizia della gravidanza della moglie Elisabetta proprio mentre è in servizio nel tempio di Gerusalemme (Lc 1, 5-13).

 

Si è così scoperto che Zaccaria esercitava il suo ufficio tra il 24 e il 30 dell’ottavo mese (ultima decade del nostro settembre) e dunque la nascita del figlio, avvenuta nove mesi dopo, è coerente con la data del 24 giugno, giorno della festa liturgica di san Giovanni Battista, unico santo del quale si celebra la nascita, a parte Gesù e Maria.

 

Dal punto di vista simbolico, poi, la data del 24 giugno che segue il solstizio e registra già il calo di luce solare, carica di significati sia la festa del Battista, sia il comparatico che viene celebrato con i salti sopra il fuoco. In quest’ottica appare emblematica la frase pronunciata dallo stesso Giovanni Battista: «Ora la mia gioia è completa. Bisogna che egli cresca e io diminuisca» (Gv 3, 29-30). Frase che può avere due piani di lettura.

 

Qui il santo si riferisce a Gesù, perché molti pensano che Giovanni sia il Messia tanto atteso (Gv 1,19-20; Lc 3,15) ed egli è consapevole che deve fare un passo indietro, deve lasciare spazio a un’altra persona, e a ben vedere questo atteggiamento è alla base di ogni relazione umana importante, matrimonio o amicizia che sia. Consentire all’altra persona di risplendere, cercando di non oscurarla, è certamente un atto di amore ed è significativo che nel caso del Battista il suo farsi più piccolo prenda avvio dalla gioia.

 

Al tempo stesso questa auto-diminuzione sembra riflettere anche la fase discendente della luce sul piano astronomico correlata alla data del 24 giugno, come se l’universo fisico e quello interiore fossero connessi. Una lenta discesa verso il buio che, nel mondo dei simboli, esprime una discesa nell’inconscio o meglio nella conoscenza di sé, un atteggiamento mentale di esame e riflessione che di nuovo non può mancare nel rapporto con l’altra persona.

 

Questo aspetto catartico di autoanalisi sembra pure ricollegarsi alla teoria della purificazione connessa ai fuochi rituali e sostenuta da antropologi come James Frazer e Arnold Van Gennep, in quanto la fiamma è associata alla qualità di purificare tutto, bruciando e consumando gli elementi nocivi, sia materiali che spirituali, così da lasciare sussistere solo ciò che è buono e santo.

 

Lo stesso Battista utilizza l’immagine del fuoco purificatore dicendo che «ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco» e il Cristo che viene a raccogliere il suo grano «battezzerà in Spirito santo e fuoco» e «brucerà la pula con un fuoco inestinguibile» (Mt 3, 10-12), tenuto conto che nel linguaggio biblico il grano simboleggia ciò che c’è di buono e nutriente per la mente e lo spirito, mentre l’involucro della pula rimanda a ciò che è inutile o è una scoria.

 

L’idea del fuoco purificatore si lega bene anche al gesto di saltare insieme sopra le fiamme per suggellare l’amicizia eterna, scelta di vita che richiede una continua purificazione del cuore e della mente ed esprime la necessità di una sfida condivisa per attraversare indenni i pericoli e gli ostacoli che possono minacciare il patto di fedeltà reciproca.

 

Infine appare degno di nota anche il termine lampadas, che indica in sardo il mese di Giugno e che secondo il linguista Wagner deriva dall’usanza pagana di accendere nel giorno del solstizio d’estate grandi falò in onore della dea Cerere. Ancora una volta, però, si può notare che la figura di Giovanni Battista può offrire un’altra spiegazione, poiché come si legge nel Vangelo «egli era una lampada che arde e risplende» (Gv 5,35).

 

 

Immagine: Salto del fuoco di San Giovanni ad Alghero, foto di Gabriele Doppiu, fonte: pagina Facebook ufficiale della manifestazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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