UE, FRANCIA: PRONTI A DETERRENZA CONTRO MOSCA
Emmanuel Macron ha aperto un dibattito sulla possibile estensione del deterrente nucleare francese ad altri paesi europei. Il tema, specialmente in Francia, è al centro di una fitta discussione politica già ai tempi di De Gaulle, che infatti intendeva dotare l’Esagono della Bomba subito dopo il 1945 per permettere a Parigi di godere ancora di un qualche status di rilevanza internazionale. Il presidente Macron ne parla dal 2020, rimarcando cioè l’importanza della Francia quale potenza militare sullo scenario europeo, da sempre piattaforma di espansione dell’Eliseo, non a caso profittando del (presunto o vera che sia) disimpegno americano dall’Europa stessa, momento per Parigi da cui tratte i massimi dividendi, quindi maggiori margini di manovra per se. Se però fino a cinque anni fa tale presupposto difficilmente avrebbe trovato concretezza e condivisione negli altri partner comunitari, oggi la congiuntura che stiamo attraversando a seguito della guerra in Ucraina lo porta quantomeno ad analisi. Agli occhi infatti del presidente francese la rilevanza di Parigi nel continente deve passare attraverso l’aspetto militare – dunque sfruttare il fatto di dotarsi del nucleare – per garantire la sicurezza europea cosí da sottrarre l’Europa stessa all’irrilevanza o comunque ad una forma di passività dinnanzi ai confronti tra Usa, Russia e Cina. Tale proposta può però trovare un possibile scenario di attuazione se accettata dai tedeschi, dal momento che per i francesi lo sviluppo di una difesa comunitaria deve essere comandata da Parigi, ma siccome la Francia oggi non dispone di una economia abbastanza robusta da sostenerne i costi, va allora pagata da Berlino: non a caso arriva proprio “in risposta allo storico appello del futuro cancelliere tedesco” Friedrich Merz, che vorrebbe estendere gli ombrelli nucleari di Francia e Regno Unito a protezione della Germania, e certo non è secondario a tutto questo neppure il fatto che Parigi voglia in questo modo tirare a se Berlino anche per controllarne meglio un possibile riarmo, da sempre costante pericolo alla sicurezza francese. La novità è stata accolta favorevolmente anche dai polacchi e baltici, quasi affascinati da una Francia che si ergerebbe a paladina della sicurezza europea in chiave antirussa, probabilmente temendo che le parole di Trump circa il disimpegno americano in Europa possano tradursi in realtà. Ma quali i limiti della deterrenza francese? Primo: i francesi non vogliono una condivisione del loro nucleare poiché comprometterebbe la loro sovranità e autonomia; si starebbe parlando quindi di una “estensione”, per cui il comando rimarrebbe comunque in Francia a cui poi parteciperebbero gli altri paesi: cinque anni fa i francesi avevano già offerto una simile possibilità e sembra che l’Italia abbia partecipato a una di queste manovre. Negli scenari più creativi, Parigi potrebbe considerare di schierare le proprie testate oltreconfine. Secondo: l’arsenale di Parigi, anche qualora venisse unito a quello britannico non sarebbe capace di fronteggiare le oltre 5.500 russe; unico modo è infatti il supporto della forza militare americana, dunque della Nato.
CINA, GOVERNO A LAVORO PER RIDURRE DIVARI INTERNI
Aumento dei consumi, sviluppo tecnologico e crescita militare sono i temi su cui la Cina sta concentrando le annuali riunioni plenarie dell’Assemblea nazionale del popolo e della Conferenza consultiva del popolo (Lianghui o “due sessioni”): priorità di Pechino assicurarsi la stabilità interna in quanto conditio sine qua non della proiezione dell’Impero del Centro su scala globale. Il governo cinese infatti afferma che il tasso di crescita del pil si aggirerà “attorno al 5%”, eppure al di la delle roboanti premesse del partito-Stato centrale sarà quanto verrà concretamente fatto e soprattutto quali saranno gli esiti e i benefici per la Cina in chiave di influenza globale, ma non solo; il partito ha poi dichiarato guerra alla disoccupazione giovanile (con oltre 12 milioni di posti di lavoro) e alla crisi demografica (la Cina registra un tasso di invecchiamento che per il governo centrale inizia a farsi preoccupante), il tutto in modo tale da fronteggiare con stabilità il momento storico contingente, specialmente per affrontare al meglio le sanzioni occidentali dipendendo sempre meno dal mercato estero. A maggior ragione ora che Wasington intende riaprire un dialogo con Mosca proprio in chiave anticinese, che priverebbe Pechino di una spalla importante su cui fare affidamento in termini di sfruttamento esterno delle materie prime a prezzo scontato nel caso in cui, e cosí sarà, la competizione con gli Stati Uniti si facesse più accesa. Pechino ha quindi stabilito che nel 2025 il budget dell’Esercito popolare di liberazione (Epl) crescerà del 7,2% con una spesa totale pari a 246 miliardi di dollari, circa un quarto di quella statunitense e fondamentale sarà rafforzare la marina cinese del Pacifico; emblematico è infatti il caso della portaerei Fujian, già sotto il vigile occhio del Pentagono per aver iniziato manovre miliari lo scorso maggio vicino a Taiwan. Per quanto però il rafforzamento della marina sia già in corso, Pechino presenta tutt’ora notevoli problemi, che l’allontanano dalle capacità marittime e militari americane: ad aver suscitato non poca indignazione e preoccupazione tra le fila della burocrazia mandarina è stato infatti l’affondamento del sottomarino a propulsione nucleare presso lo stabilimento di Wuhan, a seguito del quale il governo centrale ha posto in essere l’epurazione dei responsabili. Decisione significativa, indice di una profonda insoddisfazione degli apparati cinesi, preoccupati di non riuscire a tenere il passo con Washington sul piano bellico. Questo fattore, abbinato alle difficoltà economiche interne, riduce le possibilità di un imminente scontro con l’America per Taiwan, tanto che, non a caso, Pechino continua ad affermare di voler riunificare a se Taiwan in modo “pacifico”, segno di non sentirsi ancora pronta alla guerra. Dichiarazione in linea con il recente monito di Xi ad affrontare “con calma” la sfida con gli Stati Uniti, pur non escludendo a priori l’uso della forza militare, e centrale in questo sarà lo strumento industriale e tecnologico, specialmente attraverso l’intelligenza artificiale, incanalata nel suo progresso economico e militare, quali ad esempio l’utilizzo duale della rete 6G. Il recente successo di DeepSeek ha pertanto portato ottimismo in Cina, giacché il modello R1 di Liang Wenfeng è riuscito apparentemente a conseguire le medesime prestazioni di ChatGpt con minori costi e microchip di qualità inferiore.