Nel suo recente discorso sullo stato dell’Unione pronunciato il 4 marzo 2025, il Presidente Donald Trump ha detto di aver superato il padre degli Stati Uniti George Washington: «Sapete qual è stato il secondo presidente che ha fatto cose migliori dopo di noi? George Washington. Non so se siano dati affidabili ma comunque ci sembra una buona notizia».
Quest’affermazione induce a riflettere sull’idea di “migliore” e a tentare un confronto tra la visione di Washington e quella di Trump. La questione è stata sottoposta all’Intelligenza Artificiale più utilizzata, ChatGpt, che ha prodotto l’analisi riportata qui di seguito.
Immigrazione e accoglienza. George Washington aveva affermato a riguardo dell’America: «Ho sempre sperato che questa terra potesse diventare un rifugio sicuro e gradito per la parte virtuosa e perseguitata dell’umanità, a qualunque nazione appartenesse». (AA.VV., Il libro della storia, Gribaudo, 2018, p. 251).
Donald Trump, all’inizio della sua prima campagna elettorale, aveva sostenuto che dalle frontiere del Messico arrivano i soggetti peggiori che «portano droga, portano criminalità, sono violenti; certo qualcuno m’immagino possa essere anche un brav’uomo» (Primo annuncio di candidatura alla presidenza nel 2015) e oggi Trump, giunto alla sua seconda presidenza, comunica: «Milioni di stranieri criminali saranno rimpatriati» (Discorso sullo stato dell’Unione, 4 marzo 2025).
Il contrasto tra la cifra iperbolica di milioni di criminali e il riconoscimento, seppur marginale, dell’esistenza di ‘qualcuno’ che potrebbe essere una brava persona evidenzia una sproporzione notevole. Tale retorica dipinge un quadro estremamente negativo dell’immigrazione, contribuendo a una narrazione di paura e minaccia. Si tratta di un netto contrasto tra un’America vista come terra di accoglienza e delle opportunità e un’America che innalza barriere e timori.
Denaro e politica. Washington scriveva al vice governatore del Rhode Island: «Il denaro di carta ha avuto nel tuo Stato l’effetto che sempre avrà: rovinare il commercio, opprimere gli onesti e aprire una porta a ogni specie di frode e ingiustizia». (Lettera a Jabez Bowen).
Trump, invece, fa del denaro un criterio di vanto e successo fin dall’inizio della sua carriera politica. Nel suo primo annuncio alla presidenza, il 16 giugno 2015, dichiarava: «Sono veramente molto ricco» e «Ho i migliori campi da golf del mondo. Uno direttamente presso la Casa Bianca».
A conferma della sua mentalità affaristica, Trump ha recentemente proposto di trasformare la Striscia di Gaza in una Riviera del Medio Oriente, una sorta di Dubai in stile monegasco, trasferendo in massa nei paesi vicini i due milioni di palestinesi che la abitano e costruendo un mega resort turistico di lusso: «Faremo qualcosa che nessuno ha mai fatto. Penso che lo trasformeremo in un posto internazionale, bellissimo. Penso che il potenziale nella Striscia di Gaza sia incredibile» (Conferenza stampa di Trump e Netanyahu, 4 febbraio 2025).
Trump ha anche reso il criterio economico determinante per ottenere la residenza in America, istituendo la «gold card», ovvero la carta verde riservata ai milionari stranieri che investono più di 5 milioni di dollari negli USA, al fine di far entrare nel paese «gente di primissima categoria» (Conferenza stampa del 25 febbraio 2025 nella Sala Ovale della Casa Bianca).
La ricchezza, per Trump, è simbolo di potere, merito e selezione, mentre per Washington rappresentava un potenziale strumento di corruzione, abuso e disuguaglianze.
Politica estera 1 (neutralità e cooperazione). George Washington voleva che la giovane nazione mantenesse un obiettivo di neutralità con tutti i governi stranieri, senza che questo impedisse di onorare gli impegni internazionali esistenti: «La nostra vera politica è quella di evitare alleanze permanenti con qualsiasi altra parte del mondo, poiché ora siamo liberi di farlo … non vorrei essere inteso come capace di patrocinare l’infedeltà agli impegni esistenti» (Discorso di addio al popolo degli Stati Uniti, 19 settembre 1796).
Trump, al contrario, ha rivendicato l’uscita dell’America da numerosi accordi internazionali. Nel suo discorso del 4 marzo 2025 ha dichiarato: «Ho congelato tutti gli aiuti destinati all’estero». «Ho messo fine alle ridicole regolamentazioni cosiddette verdi. Siamo usciti dagli accordi di Parigi che ci sono costati migliaia di miliardi di dollari. Abbiamo anche messo fine alle leggi sui veicoli elettrici adottate dal governo precedente». «Siamo usciti anche dalla corrotta Organizzazione mondiale della sanità e ci siamo ritirati anche dal Consiglio delle Nazioni Unite che è palesemente contro l’America».
Il contrasto è evidente: Washington cercava un equilibrio tra neutralità e impegno responsabile, mentre Trump ha adottato un approccio isolazionista, puntando sulla priorità degli interessi nazionali a scapito della cooperazione internazionale.
Politica estera 2 (antipatie e simpatie). Washington metteva in guardia contro l’attaccamento o l’avversione nei confronti delle altre nazioni: «Si dovrebbero escludere antipatie permanenti e inveterate contro particolari nazioni e attaccamenti appassionati per altre; e, al loro posto, dovrebbero essere coltivati sentimenti giusti e amichevoli verso tutti» (Discorso di addio al popolo degli Stati Uniti, 19 settembre 1796).
Trump, invece, ha mostrato preferenze e avversioni. Ha definito il presidente ucraino Zelensky «dittatore» e «comico mediocre» (Ansa del 19 febbraio 2025), mentre ha difeso il presidente russo: «Putin ha dovuto affrontare un sacco di cose con me. È passato attraverso una caccia alle streghe fasulla, in cui lo hanno tirato in ballo con ‘Russia, Russia, Russia, Russia’. … Era una truffa dei Democratici. E lui ha dovuto sopportarla. L’ha sopportata. Non siamo finiti in guerra» (Discorso del 4 marzo 2025), e ancora su Putin: «Ho sempre avuto un buon rapporto con lui. Penso che sarà molto più generoso di quanto dovrebbe esserlo» (Dichiarazione dell’8 marzo 2025).
Trump ha anche affermato: «Francamente trovo più difficile trattare con l’Ucraina e loro non hanno le carte in mano», invece la Russia ha «tutte le carte», mentre dell’Europa ha detto: «L’Ue ha abusato di noi, è costruita con lo scopo di truffarci» (Dichiarazione dell’8 marzo 2025).
In altri casi Trump ha espresso forti simpatie personali. Ha detto della cancelliera tedesca Angela Merkel: «È una persona fantastica. Una donna fantastica e sono contento di averla come amica» (Dichiarazione alla stampa durante il G20 di Osaka del 2019); idem sulla presidente del consiglio Giorgia Meloni: «È una vera e propria fonte di energia, è fantastica» (Intervista dell’8 dicembre 2024 al New York Post). Allo stesso modo Trump ha elogiato Xi Jinping, quando gli aveva scritto dopo il fallito attentato, definendolo una persona «brillante» che «controlla 1,4 miliardi di persone con il pugno di ferro» (Comizio del 2024 nel Michigan, a Grand Rapids) anche se in passato Trump aveva accusato la Cina di aver diffuso il Covid-19 nel mondo: «Dobbiamo ritenere responsabile la nazione che ha scatenato questa piaga nel mondo: la Cina» (Discorso alle Nazioni Unite settembre 2020) e in un’altra occasione aveva detto: «anche se abbiamo un ottimo rapporto, ora non voglio parlare con il presidente Xi Jinping» (Intervista del 14 maggio 2020 a Fox Business).
Per George Washington «l’antipatia in una nazione contro un’altra dispone più facilmente a offrire insulti e lesioni» e anche «frequenti collisioni, conteste ostinate, avvelenate e sanguinose … la pace spesso, a volte forse la libertà delle Nazioni, ne è stata vittima». Allo stesso modo «la simpatia per la nazione preferita … porta anche alla concessione di privilegi negati ad altri» e «tali attaccamenti sono particolarmente allarmanti per il patriota veramente illuminato e indipendente. Quante opportunità si offrono di manomettere le fazioni domestiche, di praticare le arti della seduzione, di fuorviare l’opinione pubblica, di influenzare o stupire i Consigli pubblici!» (Discorso del 1796).
Washington concepiva una politica estera basata su equidistanza e prudenza, evitando coinvolgimenti emotivi o ideologici che potessero trascinare il Paese in conflitti inutili. Trump, invece, ha adottato un approccio più impulsivo e polarizzato, esaltando alcuni leader e denigrandone altri, spesso in modo contraddittorio.
Chi è il migliore? Dipende da come si definisce il termine ‘migliore’. Se si considera l’America come faro di speranza e democrazia, allora George Washington è un modello più ispiratore. Se invece si privilegia un’America chiusa, selettiva e iper-nazionalista, allora Donald Trump potrebbe apparire come un leader efficace. La storia ci dirà quale modello è realmente vincente.
Nota umana. Se l’intelligenza artificiale non è fatta per prendere posizione, l’intelligenza naturale sì.
Immagine: Le sculture presidenziali del Monte Rushmore, fonte Wikimedia Commons.